DAZI USA, UNA NUOVA MINACCIA PER L'EXPORT MANIFATTURIERO VENETO

DAZI USA, UNA NUOVA MINACCIA PER L'EXPORT MANIFATTURIERO VENETO

La nuova stagione amministrativa del neo eletto Presidente Donald Trump, che si inaugura lunedì prossimo, ha già creato un certo sconquasso economico globale con l’annuncio di possibili dazi sulle importazioni. Le imprese italiane che hanno investito e potenziato l’export verso gli Usa stanno già tremando e tra le regioni più esposte figura proprio il Veneto, per il quale gli Stati Uniti rappresentano il terzo Paese di riferimento con il 9,1% del totale, dopo la Germania (13,3% e la Francia (11,6%). Secondo i dati riferiti a settembre 2024, la nostra regione contribuisce con oltre 7,1 miliardi di euro, pari al 10,9% del totale nazionale verso gli USA, con una variazione del -4,8% nei primi 9 mesi.

Guardando più in generale al dato nazionale, gli Usa, che nel 2022 hanno superato la Francia, sono il secondo mercato del Made in Italy dietro alla Germania, con esportazioni che negli ultimi 12 mesi a settembre 2024, ammontano a 66,4 miliardi di euro, pari al 10,7% del totale. Se Trump decidesse di applicare dazi tra il 10% e il 20% sulle importazioni causerebbe un calo dell’export Italiano verso gli Usa rispettivamente del -4,3% e del -16,8%.

“È chiaro che ne pagherebbero le conseguenze anche le imprese venete, soprattutto quelle manifatturiere che già stanno soffrendo un mercato globale ed una situazione geopolitica molto complessi – afferma il Presidente di Confartigianato Imprese Veneto Roberto Boschetto -. Sono principalmente le piccole e medie imprese, anche artigiane, che hanno una maggiore incidenza sull’export verso gli Usa, soprattutto nei settori degli alimentari, della moda, del legno e dei metalli, oltre a gioielleria e occhialeria, che nel 2024 hanno mostrato performance in crescita media del 3,9%. Sarebbe un brutto contraccolpo la strategia di Trump che il Governo e istituzioni dovranno bilanciare con azioni a sostegno delle nostre imprese. Ora però deve entrare in gioco l’Europa, non può essere un singolo Stato a contrastare queste dinamiche di commercio internazionale”.

Una strategia protezionistica che mira evidentemente a mitigare quell’eccesso di consumi interni rispetto alla produzione statunitense che obbliga il Paese americanoad importare la differenza dall’estero. Al contrario della Cina che si trova ad affrontare l’effetto opposto (più produzione rispetto al consumo interno), tanto da dover esportare le merci in eccedenza a prezzi stracciati e di bassa qualità.

Una via di fuga dagli effetti negativi dei possibili dazi americani potrebbe essere rappresentata dal mercato del gas. Gli Usa, sulla base dei dati forniti dalla Relazione annuale Arera del 2024, sono il secondo fornitore di GNL (gas naturale liquefatto) per l’Italia e secondo i dati Istat il sesto fornitore di gas e il primo per gli altri Paesi dell’Unione Europea, rappresentando quasi la metà (45,5%) delle importazioni, seguiti dalla Russia (13,5%), dal Qatar (13,1%), Algeria (7,2%) e Nigeria (6,3%).

”Sembra che sia in atto una trattativa commerciale tra Usa e Unione Europea affinché si possa ipotizzare una diminuzione dei dazi nei confronti sull’export Ue in cambio di un maggior acquisto di gas naturale liquefatto- spiega il presidente Boschetto -. Questo accordo potrebbe portare ad una riduzione del prezzo del GNL di cui potrebbero beneficiare anche le nostre imprese manifatturiere, spesso molto energivore. Se da un lato non possiamo far altro che tenere un atteggiamento attendista, le uniche azioni da adottare per il sistema delle piccole e medie imprese è quello di imparare a leggere le dinamiche del mercato e cercare di adattarsi, e molto rapidamente, strutturandosi e puntando ancor di più all’eccellenza e all’alta specializzazione, diversificando i mercati, investendo su quelli in via di sviluppo”.